2 Novembre 2024
Dolore e furore a Friuli Storia
Alcune vicende che hanno avuto un’eco nazionale, a volte si comprendono meglio se si guardano in profondità, ricostruendo il contesto locale da cui nascono. È solo così – ha spiegato lo storico Sergio Luzzatto alla platea di Friuli Storia – che si possono capire certe dinamiche che ne danno un ritratto più completo.
La storia generale è in questo caso quella delle Brigate rosse, e la città dalla quale partire è Genova.
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Sempre più lettori
Una settimana fa, la sala dell’auditorium delle Grazie a Udine era piena di spettatori e di appassionati di storia. Erano presenti i tre finalisti del premio, oltre a Luzzatto anche Fabio Todero, autore di Terra irredenta, terra incognita e Filippo Triolacon L’orologio del potere. Il libro di Luzzatto, Dolore e furore, ha vinto l’edizione di quest’anno, ma tutti e tre i libri sono stati in realtà molto apprezzati dalla giuria dei lettori.
Il presidente dell’associazione Friuli Storia, Ernesto Galli della Loggia, ha spiegato che «nel corso degli anni la platea dei lettori si è allargata. Ormai in misura prevalente non sono più friulani e questo serve a dare al premio un carattere compiutamente nazionale».

La premiazione di Fabio Todero

La premiazione di Filippo Triola
A Genova
Luzzatto ha parlato del suo libro con Michele Brambilla, giornalista che dirige il Secolo XIX, ovvero il giornale proprio di Genova. E della stessa città è originario anche Luzzatto, che oggi insegna negli Stati Uniti, all’Università del Connecticut.
«La storia ha un rapporto molto stretto con la memoria», ha detto. «Con la memoria collettiva, ma anche con quella individuale. Raccontare le vicende di quegli anni è stato per me come raccontare la storia del periodo in cui ero adolescente».
Erano gli anni in cui era normale che un autobus arrivasse in ritardo perché avevano sparato a qualcuno. «Ma la Genova del tempo è stata anche una delle città del triangolo industriale, con delle caratteristiche peculiari che ho cercato di indagare nel mio libro».

La premiazione di Sergio Luzzatto
Le radici
Per farlo, Luzzatto ha usato un criterio che aveva già spiegato nell’intervista al nostro Circolo. Non si è accontentato di partire dagli anni Settanta o di raccontare di quando i brigatisti hanno iniziato a sparare: per capire quello che è successo dopo, bisogna risalire la china del tempo e tornare almeno a dieci anni prima.
Lo si capisce bene ricostruendo la biografia di Riccardo Dura, il brigatista che sparerà al cuore dell’operaio e sindacalista Guido Rossa, simbolicamente condannando a morte le stesse Brigate Rosse. Così perderanno l’adesione del mondo operaio e finiranno sconfitte: anche il famoso slogan «né con lo Stato, né con le Br», coniato proprio a Genova, finirà per perdere consenso.
A Genova, il funerale di Guido Rossa è stato anche il funerale delle Br.

Le disuguaglianze
Ma per capire la spirale di violenza, e anche le contraddizioni del terrorismo, bisogna prima indagare le profonde disuguaglianze sociali del tempo, nelle quali ad esempio Dura è stato immerso fin dalla più tenera età.
È la storia di quando, appena quindicenne, finì per due volte in manicomio a causa dei litigi con la madre. Salvo poi essere dimesso, in entrambi i casi, perché non c’erano i presupposti per il ricovero. O ancora, il periodo sulla Garaventa, una nave senza motori che stava perennemente ormeggiata al Molo Vecchio, lungo le banchine di calata Gadda.
Nel 1885 Cesare Lombroso l’aveva definita un «carcere privato», ma dal 1959 era un ente morale legalmente riconosciuto, che faceva parte della galassia di «istituti di rieducazione» ai quali la Repubblica italiana delegava la gestione dei minori «traviati». Una sorta di mondo a parte, dove i “garaventini” come Dura venivano talvolta rinchiusi nella cella di rigore o erano costretti a passare una settimana in silenzio.

La repressione
Ma ricordare quegli anni solo per la loro violenza è sbagliato, o quanto meno limitativo. Sono stati “anche” gli anni di piombo, ma non sono stati “solo” gli anni di piombo. È stata l’epoca delle più importanti conquiste sociali della storia della Repubblica. Semmai il punto è capire come sia successo che un movimento profondamente libertario e progressivo abbia poi scelto la violenza: ed è questa la storia che viene raccontata in Dolore e furore.
Ma c’è anche un aspetto che è rimasto fuori dal libro, perché forse è ancora troppo presto perché possa essere indagato, se non altro per la mancanza di fonti: ovvero, come lo Stato abbia reagito e represso il terrorismo. «Io credevo che lo Stato democratico avesse vinto la guerra contro le Brigate Rosse solo con gli strumenti democratici, ma mi sbagliavo», ha detto Luzzatto. «In realtà, sono state necessarie norme carcerarie sempre più severe».
«Io non avevo capito la brutalità di questa repressione, che è passata anche da quelle che oggi noi considereremmo delle forme di tortura, come la privazione del sonno. Qual è stato il prezzo che lo Stato italiano ha dovuto pagare per reprimere veramente il terrorismo?».
«Ecco – ha concluso Luzzatto – a me piacerebbe che il lettore di un libro come il mio, o di altri libri come questo, alla fine avesse delle idee un po’ più chiare, ad esempio su cosa hanno rappresentato gli anni Settanta. Ma che avesse anche qualche domanda in più, o persino un po’ più di confusione. Perché quando pensiamo di aver capito tutto, forse è perché non abbiamo capito niente».
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