Rassegna Stampa · 27 Settembre 2025
Il Muro crollò a colpi di libri

da Il muro crollò a colpi di libri di Paolo Valentino, La Lettura, Corriere della Sera, 21 settembre 2025
Durante la guerra fredda, accanto alle sue operazioni oscure e violente, la CIA avviò un programma segreto di natura molto diversa: l’invio clandestino di libri e riviste nei Paesi del blocco sovietico. A raccontarlo è Charlie English nel libro The CIA Book Club, di cui scrive Paolo Valentino sulla Lettura, inserto culturale del Corriere della Sera: «Molti studiosi ormai sostengono con buone ragioni l’argomento che, in fondo, a causare la caduta dell’Urss e del mondo sovietico fu soprattutto la diffusione di valori e concetti incompatibili con il comunismo, contenuti nei grandi capolavori della letteratura e della filosofia».
L’origine si può far risalire al 1951 con l’operazione “Winds of Freedom”, lanciata da Monaco da Radio Free Europe (emittente finanziata dall’intelligence Usa): centinaia di migliaia di palloncini aerostatici diffusero milioni di volantini sulla Cecoslovacchia e altri Paesi dell’Est. «L’iniziativa fece molto arrabbiare le autorità comuniste, che cercavano di abbattere le mini-mongolfiere, anche usando i caccia militari, e comunque arrestavano chiunque veniva colto in possesso di uno dei volantini. Ma l’efficacia fu dubbia, in fondo quei pezzi di carta contenevano solo qualche slogan».
Dal 1955 nei sacchi cominciarono a comparire libri: 300 mila copie della Fattoria degli animali di George Orwell, stampate su carta leggera, furono lanciate oltre la cortina di ferro. «L’accoglienza fu incredibile», scrive Valentino. «La gente che riusciva ad assicurarsi una copia la passava a parenti e amici dopo averla letta».
Dopo quella fase, si passò a spedizioni postali e poi a missioni clandestine: volumi nascosti in valigie con doppio fondo, sedili d’auto, toilette di treni, persino valigie diplomatiche. Le grandi case editrici occidentali misero a disposizione tascabili a basso costo. Tra gli autori inviati: Orwell, Aldous Huxley, Albert Camus, Boris Pasternak, Iosif Brodskij, Hannah Arendt, Kurt Vonnegut, Agatha Christie, Aleksandr Solženicyn, Czesław Miłosz. Ma anche copie delle riviste Marie Claire, Cosmopolitan o The New York Review of Books.
Figura chiave fu l’esule rumeno George Minden, che dal 1959 guidò il Free Europe Press Book Center. Minden concepì il programma come un “aiuto umanitario letterario”, capace di diffondere verità e idee in società soffocate dalla censura. Decentralizzò le spedizioni, facendo leva su centinaia di organizzazioni e volontari in Europa.
Il Paese che più beneficiò del flusso di libri fu la Polonia. Attraverso la rete clandestina con nome in codice Qrhelpful, che aveva sede a Parigi, i volumi arrivavano anche durante la legge marziale del 1981.
Collaborò anche Wanda Gawronska, sorella del giornalista Jas Gawronski, che spediva libri da Roma e coinvolgeva conoscenti diretti verso l’Est. Secondo il dissidente Adam Michnik, i libri furono decisivi per la sopravvivenza e la vittoria morale del movimento Solidarność.
Nonostante lo scetticismo interno alla CIA, che tendeva a privilegiare il sostegno militare in Afghanistan come fattore principale della caduta sovietica, il programma proseguì grazie al sostegno di figure come Zbigniew Brzezinski, consigliere per la Sicurezza nazionale di Jimmy Carter, e Richard Pipes, celebre sovietologo di Harvard e consigliere della Casa Bianca, entrambi di origine polacca. «Furono loro a battersi con successo per respingere ripetuti tentativi di ridimensionare il programma».
«Il libro di English», conclude Valentino, «ci ricorda la forza del soft power americano: non molto tempo fa, la letteratura proibita fu in grado di far pendere la bilancia dalla parte giusta della storia».